La rivista online “una Salute, una Medicina” ha pubblicato un’articolo sullo stato dell’arte dei Registri dei Medici Competenti in Medicine non convenzionali (o Integrate o Medicine Tradizionali o Complementari) presso gli Ordini dei Medici italiani. Sono stato intervistato su questo tema e ho potuto esprimere il mio pensiero in merito. Pubblico volentieri l’articolo.
Ordine dei medici: i registri per le medicine non convenzionali
Nel 2013 è stato firmato l’accordo Stato-Regioni, che riconosceva le medicine non convenzionali come “atto medico” e che preannunciava una rivoluzione copernicana nel loro rapporto con le medicine tradizionali. L’accordo riprendeva e rendeva esecutivo quanto contenuto nella delibera della FNOMCeO del 2002; c’erano voluti più di dieci anni per arrivare a questo passo, ma il clima molto positivo che si era creato lasciava ben sperare che la diatriba tra medicina tradizionale e medicine non convenzionali potesse trovare un luogo di confronto e un terreno comune d’intesa. Ne abbiamo parlato con il dottor Alberto Magnetti, medico di famiglia specializzato in omeopatia
Cosa è accaduto dopo la firma dell’accordo Stato-Regioni del 2013?
La firma dell’accordo ha simboleggiato un momento particolarmente felice ed entusiasmante, perché forte era la sensazione di trovarsi all’alba di una nuova stagione della medicina moderna. La diffidenza e, in alcuni casi addirittura l’ostracismo, nei confronti di pratiche mediche quali l’agopuntura, l’omeopatia e la fitoterapia, sembravano venire meno e si aveva la sensazione che potesse iniziare una vera collaborazione, a favore della salute generale dei pazienti. Con i colleghi abbiamo lavorato intensamente per individuare quali potessero essere i terreni comuni per la medicina tradizionale e le medicine alternative, con l’obiettivo di creare una sinergia e una complementarità, nell’interesse del paziente.
Qual è stato il lavoro principale sviluppato in questa fase e quale il suo risultato?
Il primo importante passo è stato la decisione di aprire, all’interno dei singoli ordini provinciali dei medici, uno speciale registro che raccogliesse tutti i medici omeopati, agopuntori e fitoterapeuti. Un grande risultato, che simboleggiava un riconoscimento pieno e ufficiale di queste specializzazioni come discipline mediche. A monte di tutto vi sono ovviamente le decisioni prese dall’Unione Europea e la dichiarazione dell’accordo Stato-Regione, che definisce omeopatia, fitoterapia e agopuntura come “atti medici”. Ma, anche se questi fatti risalivano al 2002, fino al 2013 non vi era un atto formale e definitivo da parte dell’Ordine dei Medici, che desse concretezza operativa ai principi enunciati.
Questi registri sono stati aperti e funzionano in ogni provincia?
I registri sono stati aperti e funzionano in ogni provincia, ma prima di arrivare all’apertura è stato necessario stabilire quali dovessero essere i parametri di ammissione. Non essendoci una laurea o una specializzazione universitaria in omeopatia, era necessario stabilire come e su quali basi definire un omeopata. Una questione importante, se si considera il fatto che essere inseriti nel registro speciale rappresenta una forma di garanzia per il paziente. Per questo le commissioni, composte da medici di diverse specializzazioni e orientamenti, hanno lavorato intensamente e con impegno sul tema della formazione, ovvero su quale percorso formativo dovesse intraprendere un medico che si volesse definire omeopata, agopuntore o fitoterapeuta.
Qual è la situazione attuale dei registri per le medicine non convenzionali?
In questo momento siamo in una fase di stallo, che si prolunga ormai da troppo tempo. Complessivamente, ritengo si possa addirittura affermare che siamo in una fase di regressione, che ha visto come evento decisivo il dibattito su quante e quali vaccinazioni dovessero essere rese obbligatorie. Parallelamente alla campagna in favore dell’obbligatorietà di un altissimo numero di vaccini (in un primo momento si parlò di 18 poi scesi a 11) si aprì, infatti, una stagione di attacco violento alle medicine complementari e non convenzionali, che ha trasformato in un nemico da distruggere chiunque avanzasse dubbi, anche solo mossi dal buon senso, sul pensiero unico in medicina. Con l’emanazione della legge n.3 dell’11 gennaio 2018, è stata poi prevista una revisione della disciplina delle professioni sanitarie, con l’introduzione di nuove disposizioni relative agli Ordini professionali che ora agiscono quali organi sussidiari dello Stato.
Gli Ordini Provinciali si sono dunque mossi non più in modo indipendente, ma secondo gli orientamenti indicati dal Ministero della Salute.
Vede prospettive di ripresa nell’ambito dei registri per le medicine non convenzionali?
Il contesto culturale complessivo non è dei migliori, la pandemia e l’instabilità che riscontriamo a ogni livello non aiutano e non stimolano gli individui a mettere in discussione le proprie convinzioni, non stimolano il confronto, la disponibilità e l’apertura verso l’opinione altrui. Noi, d’altro canto, continueremo a prendere iniziative e a fare pressione sull’Ordine nazionale e sugli ordini provinciali, affinché vengano rispettate le decisioni assunte con la firma dell’accordo Stato-Regioni. Ma sono certo che non sarà facile ed è un peccato che si perda una grande opportunità per la medicina e per i pazienti. Come è un peccato che i giovani medici non possano contare a pieno e con facilità sulle opportunità terapeutiche rappresentate da atti medici come l’omeopatia, la fitoterapia e l’agopuntura. Ciascuna di queste competenze, infatti, è uno strumento in più nella valigetta del buon medico, a patto che le conosca approfonditamente e abbia imparato a utilizzarle nel modo corretto.
Il medico omeopata è un artista ama questa medina e la interpreta a meraviglia. Cura il corpo,la mente e lo spirito. Perché la malattia si manifesta in questa dimensione.
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