Perchè l’omeopatia sarà sempre osteggiata e perchè si farà sempre di tutto per screditarla.
La pausa estiva ha regalato più tempo per la lettura e più spazio alla riflessione. Due libri appena pubblicati mi hanno colpito per il tema e la franchezza del contenuto. Il primo del cardiologo Marco Bobbio, edito da Einaudi ha per titolo “ Il malato immaginato – i rischi di una medicina senza limiti”, il secondo del medico plurispecializzato Domenico Mastrangelo edito da Salus Infirmorum dal titolo “Il tradimento di Ippocrate – la medicina degli affari”.
Entrambi i testi trattano di un tema molto pressante nel mondo medico scientifico odierno: il disease mongering (la commercializzazione di malattie) e cioè l’ingerenza, ormai senza più etica, del mondo economico farmaceutico nel campo della ricerca scientifica e, indirettamente, della gestione della salute del mondo occidentale. La loro lettura descrive e chiarisce molti aspetti poco conosciuti delle dinamiche che regolano il marketing e le pressioni da parte delle case produttrici di farmaci sia sul medico che sul paziente. La loro lettura può essere utile sia ai medici che ai pazienti per avere una visione fuori dal coro di un mondo di informazione scientifica quasi interamente gestito e finanziato delle stesse produttrici di farmaci. Dalle lettura di questi ultimi due libri e altri simili pubblicati negli ultimi anni è scaturita una riflessione riguardo al rapporto tra il businnes farmaceutico e le Medicine non convenzionali, in particolare tra queste, la più utilizzata, l’omeopatia.
L’immagine di Davide e Golia mi sembrava adatta a rappresentare un tema di queste proporzioni economiche e sociali. I guardiani dell’impero economico farmaceutico vigilano da sempre con grande attenzione sul futuro delle loro aziende e difendono con grande accanimento i dividendi dei loro azionisti.
Da anni però hanno preso piede, nel mercato farmaceutico, realtà produttive di farmaci omeopatici che hanno avuto fino ad oggi una crescita continua.
Infatti l’omeopatia si è diffusa con successo in tutto il mondo ed è diventata la pratica medica non convenzionale più popolare in Europa e negli Stati Uniti.
Nel vecchio continente il mercato dell’omeopatia ha raggiunto nel 2009 il fatturato di 1,09 miliardi di € e conta circa 125 milioni di utilizzatori.
Anche l’Italia è uno dei mercati più importanti dopo Francia e Germania per l’omeopatia: nel 2009 il fatturato è stato di 300 milioni di €, con 18 aziende che danno lavoro a 1200 dipendenti e versano alle casse dello Stato 50 milioni di € in contributi e imposte.
Il fatturato del mercato omeopatico rappresenta solo l‘1% dell’intero comparto farmaceutico pertanto molto lontano dai risultati delle Big Pharma.
Però le case omeopatiche stanno crescendo in modo continuo da 20 anni. Per esempio i Laboratoires Boiron, leader mondiale nella produzione dei farmaci omeopatici, hanno chiuso il 2009 con un aumento del fatturato del 12,7%, per un totale di 526 milioni di €. E’ andata ancora meglio a Boiron Italia con in incremento del 14,5%.
Ho sempre pensato che, viste le dinamiche che reggono l’economia, il giorno in cui le Big Pharma si fossero accorte che la produzione di omeopatici poteva diventare un affare remunerativo probabilmente avrebbero acquisito le aziende del settore, come hanno fatto per i laboratori di vaccini qualche anno fa, e il percorso del riconoscimento scientifico dell’omeopatia non avrebbe più trovato ostacoli.
Infatti le agenzie di marketing delle case farmaceutiche, che lavorano in modo eccelso con i farmaci convenzionali, avrebbero sicuramente trovato il modo di spianare la strada al riconoscimento dell’omeopatia utilizzando l’ormai consolidato meccanismo della “tenaglia” ormai rivelato da innumerevoli documenti pubblicati dalle più prestigiose riviste scientifiche: da una parte si sostiene la ricerca scientifica e si pagano opinion leader dell’area scientifica per promuovere un prodotto, dall’altra si organizzano e si sostengono economicamente associazioni di pazienti che richiedono quel prodotto per la loro patologia ed ecco che l’effetto tenaglia sulla pubblica amministrazione si realizza con machiavellica certezza: bisogna poter offrire al cittadino quel prodotto per assicurargli la salute.
Nel tempo mi sono reso conto che tutto ciò difficilmente potrà accadere. Non perchè l’omeopatia non sia scientificamente sostenibile ma semplicemente a causa di un banale calcolo ed analisi di mercato e di un confronto con i risultati dei lavori cost-effectiveness più importanti realizzati in questi ultimi anni (vedi Università di Berlino).
In questi lavori scientifici i risultati dei trattamenti omeopatici parlano di risparmi medi di circa il 50% sui farmaci convenzionali e circa il 50% degli esami di laboratorio e strumentali. Questo vuol dire che in Italia per esempio si potrebbero risparmiare, solo di farmaci convenzionali, 15 miliardi di € all’anno, che si tradurrebbero in perdita per le Big Pharma. Questo sarebbe il loro ritorno se sostenessero l’Omeopatia.
Confrontato con l’ipotetico fatturato dell’omeopatia se impiegato per assurdo, da tutti i cittadini italiani (1,5 miliardi di €) la perdita per le Big Pharma si attesterebbe a 13,5 miliardi di €.
In altre parole sarebbe un suicidio finanziario.
Ed ecco che inspiegabilmente, nonostante gli aspetti innovativi e moderni proposti dall’omeopatia (assenza di effetti collaterali, buoni risultati clinici, terapia personalizzata, netta riduzione delle patologie croniche, maggior consapevolezza e attenzione per la propria salute) assistiamo ad attacchi su tutti i fronti (dai mass media più popolari alle riviste scientifiche) per screditare l’omeopatia e negare il diritto di un approfondimento di ricerca.
Come ho sempre sostenuto i lavori scientifici a sostegno dell’omeopatia sono assolutamente insufficienti, ma i risultati sono socialmente molto interessanti, sia per gli effetti clinici che per il risparmio in termini economici, pertanto sarebbe logico approfondire la ricerca e scoprirne ogni possibilità di sfruttamento clinico.
Inoltre il messaggio che sottende la medicina omeopatica è un richiamo alla maggior fiducia nelle capacità di omeostasi e di guarigione del nostro corpo, è un ritorno alle forme più ecologiche e naturali per la guarigione. E’ un messaggio che rifiuta l’inquinamento talvolta drammatico che gli stabilimenti di produzione di certi farmaci convenzionali hanno prodotto in certe regioni del mondo. E’ un messaggio che ci richiama all’approccio clinico attendista, a quella che si sta delineando la nuova clinica, la slow medicine, quella che rispetta maggiormente i tempi e le modalità biologiche di guarigione. In altre parole è un messaggio pericoloso per certi interessi economici e quindi va limitato e contenuto se non addirittura ostacolato e soppresso.
Possiamo sperare che i risultati di efficacia clinica dell’omeopatia che ogni giorno milioni di cittadini del mondo provano sulla propria pelle siano il volano inarrestabile di un nuovo corso della medicina. Una medicina futura che non sia più schiava come è oggi del più spregiudicato utilizzo di enormi risorse economiche per condizionare la ricerca e l’evoluzione scientifica per l’interesse di pochi, ma che possa dare alla popolazione mondiale altre risposte in termini di benessere e salute , economicamente sostenibili anche dai paesi più poveri.